mercoledì 24 dicembre 2008

Babbo Natale esiste. Parola di New York Sun

So che Albs non se la prenderà, anzi sarà gratificato dalla citazione della citazione. Ma questa non l'avevo mai sentita. E mi sembra una bella cosa da condividere con i (pochi) lettori di questo angoletto disperso nel web. Un pensiero "vintage" ma sempre valido, per gustare fino in fondo il Natale che arriva. In fondo, oggi come un secolo fa, non bisognerebbe mai smettere di sognare ...

E quindi ecco a voi la risposta di un cronistaccio navigato, passato per i fronti della Guerra Civile americana e diventato uno dei direttori del suo giornale, il New York Sun, a una piccola lettrice che chiede conferme sull'esistenza di Babbo Natale. Era il 21 settembre 1897. Lui si chiamava Francis Pharcellus Church. Lei Virginia O'Hanlon. A otto anni si ascoltano sempre i consigli dei genitori: "Scrivi al giornale"- le aveva detto il padre. "Se lo dice il Sun è vero". Così ha fatto la bimba: con quelle domande brevi, secche, che fanno venire i brividi agli adulti che devono rispondere.
La risposta è un inno alla vita. E resta, dicono, l'editoriale più riprodotto della storia dei giornali anglosassoni: "Si Virginia, Babbo Natale esiste".

Per fortuna. 
Auguri a tutti, dunque. E ... grazie, Albs!

“Caro direttore, ho otto anni. Alcuni dei miei amici dicono che Babbo Natale non esiste. Mio papà mi ha detto: se lo vedi scritto sul Sun, sarà vero. La prego di dirmi la verità: esiste Babbo Natale? Virginia O’Hanlon”.

E il direttore Church le rispose così.

“Virginia, i tuoi amici si sbagliano. Sono stati contagiati dallo scetticismo tipico di questa era piena di scettici. Non credono a nulla se non a quello che vedono. Credono che niente possa esistere se non è comprensibile alle loro piccole menti. Tutte le menti, Virginia, sia degli uomini che dei bambini, sono piccole. In questo nostro grande universo, l’uomo ha l’intelletto di un semplice insetto, di una formica, se lo paragoniamo al mondo senza confini che lo circonda e se lo misuriamo dall’intelligenza che dimostra nel cercare di afferrare la verità e la conoscenza. Sì, Virginia, Babbo Natale esiste. Esiste così come esistono l’amore, la generosità e la devozione, e tu sai che abbondano per dare alla tua vita bellezza e gioia. Cielo, come sarebbe triste il mondo se Babbo Natale non esistesse! Sarebbe triste anche se non esistessero delle Virginie. Non ci sarebbe nessuna fede infantile, né poesia, né romanticismo a rendere sopportabile la nostra esistenza. Non avremmo altra gioia se non quella dei sensi e dalla vista. La luce eterna con cui l’infanzia riempie il mondo si spegnerebbe. Non credere in Babbo Natale! È come non credere alle fate! Puoi anche fare chiedere a tuo padre che mandi delle persone a tenere d’occhio tutti i comignoli del mondo per vederlo, ma se anche nessuno lo vedesse venire giù, che cosa avrebbero provato? Nessuno vede Babbo Natale, ma non significa che non esista. Le cose più vere del mondo sono proprio quelle che né i bimbi né i grandi riescono a vedere. Hai mai visto le fate ballare sul prato? Naturalmente no, ma questa non è la prova che non siano veramente lì. Nessuno può concepire o immaginare tutte le meraviglie del mondo che non si possono vedere. Puoi rompere a metà il sonaglio dei bebé e vedere da dove viene il suo rumore, ma esiste un velo che ricopre il mondo invisibile che nemmeno l’uomo più forte, nemmeno la forza di tutti gli uomini più forti del mondo, potrebbe strappare. Solo la fede, la poesia, l’amore possono spostare quella tenda e mostrare la bellezza e la meraviglia che nasconde. Ma è tutto vero? Ah, Virginia, in tutto il mondo non esiste nient’altro di più vero e durevole. Nessun Babbo Natale? Grazie a Dio lui è vivo e vivrà per sempre. Anche tra mille anni, Virginia, 10 volte 10mila anni da ora, continuerà a far felici i cuori dei bambini”.

venerdì 21 novembre 2008

Beh, però si potrebbe ...

Anf anf, pant pant: uno quando cammina si gode il paesaggio. I rumori del bosco. Il profumo della natura. Va bene scattare qualche foto quando ci si ferma, ma di solito il commento si limita a "Che posto stupendo" o "Che montagna meravigliosa". Specie se si sta camminando sopra Cortina d'Ampezzo, le Dolomiti intorno, un po' di neve scrocchiante sotto i piedi.E invece, domenica scorsa, l'amico S., che una ne pensa a cento ne fa, inquadra nell'obiettivo della Reflex la parete striata e mozzafiato di un monte del parco di Fanes.
ed esclama: "Ecco, quello che manca, ora, è una macchina fotografica con il Gps incorporato, che mentre inquadri il tuo soggetto ti dice cosa stai fotografando. E magari dopo salva anche coordinate e tag. Così quando uno cataloga poi le foto riesce a ricordarsi dove è stato".
Beata tecnologia. "Ma probabilmente l'hanno già inventata. Me l'aspetto sul mercato da un momento all'altro". 

E mentre lui ha il cervello rivolto all'immediato futuro, io ce l'ho catapultato nel recente passato, a quegli  'striaci che proprio in quella valle che va su verso la Ra Stua e poi via ancora verso il rifugio Senes e il Fodara Vedla, hanno scavato, pattugliato ... e preso a mitragliate un sacco di italiani. Oltre a morire per il freddo bestiale e le valanghe dell'inverno '16-'17. A loro il Gps gli avrebbe fatto il solletico.

lunedì 10 novembre 2008

Due giorni di ordinaria follia/2

Beh insomma, cosa è successo il giorno dell'esame lo sapete già tutti. Sennò riguardatevi gli ultimi due post per averne un'idea.
Ora vorrete sapere cosa ne è stato del mio? Beh, se non mi segano, potrò dire che ce l'ho fatta grazie a una confezione di "Grancereale croccante" e di una di Pocket coffee, che mi hanno sorretto per ben dodici ore di delirio.
Non mi si è impallato il pc. Non avevo la penna Usb difettosa. Per precauzione ho "solo" copiato tutto a mano. Tra copia e coda alle stampanti, sono uscita alle 21. Stremata. Incazzata. E con un mal di testa gigante.

Più divertente il momento della cena: sotto il tendone di una pizzeria di Campo de' Fiori, con la bora di Halloween che sferzava il viso e mi procurava dei piacevolissimi crampi allo stomaco. Oppure è stato il chilo di "bucatini cacio e pepe" che mi si sono parati davanti? 
Mi ha salvato il mago Guarda. Proprio lui. Una star che ti ipnotizza con la sua bravura :-)

mercoledì 5 novembre 2008

Due giorni di ordinaria follia/1


Dovevo solo presentarmi all’Ergife Palace hotel, venerdì 31, alle nove del mattino. Sembrava quasi semplice. Ma, come disse qualcuno, l’imponderabile è sempre in agguato.

Cronaca di due giorni vissuti in un’altra dimensione.

GIOVEDI’ 30

Arrivo all’aeroporto di Roma Ciampino, ore 8.50 del mattino. In perfetto orario, pure in anticipo di 5 minuti. Davanti a me, una giornata di attesa. I miei target: mantenere energie e tranquillità. Leggere bene e con calma i giornali. Portare il pc alla sede dell’Ordine (che non è la sede dell’esame), per l’ultimo controllo di alimentatore e compatibilità del sistema operativo che sarà fornito il giorno della prova con il computer che userò.

Nell’attesa, raggiungo il mio amico Charles. Anche lui esaminando. Sta a casa di suo cuggggino, zona viale Libia. Uguale: zona nord-est di Roma. Io sto a Ciampino. Uguale: zona sud-est di Roma.
E così: vai di navetta, fino al capolinea della metro rossa. Poi, Anagnina-Termini, solo andata. Riemergo per prendere un bus. E mi trovo nella corrente informe del corteo dello sciopero generale. “Dalle Alpi agli Appennini tutti contro la Gelmini”, leggo su uno striscione. Mentre il bus, dopo pochi metri, si impianta di fronte a un semaforo che continua nel suo ciclo di verde-giallo-rosso. Ma noi rimaniamo lì. Fermi. Dovremmo girare a sinistra, ma c’è il corteo di mezzo. Due vigili urbani osservano paciosi la scena, senza interrompere il flusso di baldi giovani fischiettanti e urlanti. Basterebbe un minuto. Il tempo di fare una curva, e il bus si toglierebbe dalle scatole. Invece rimane lì, isola nella corrente. Sfila un’immagine di Santa Mariastella, con tanto di aureola in testa. “Beata ignoranza”, recita la didascalia. Fa caldo. Dalle sfese dei finestrini gli studenti di biotecnologie infilano nel bus volantini che schematizzano i tagli alla ricerca. La Gelmini ha colpito solo le scuole, con la legge appena approvata. Ma non ha mica tempo da perdere. Il capitolo università è già pronto per essere affrontato: tre quarti del lavoro, in fondo, li ha già fatti il collega Giulio con la finanziaria approvata in estate, nel silenzio vacanziero di tutti gli italiani. “L’Italia è un Paese bagnato da tre mari e prosciugato da Tremonti”, d’altra parte.
Finalmente il bus riprende la corsa. Raggiungo la maison di Charles. Si legge, si chiacchiera, si fa il punto. Si consulta il sito dell’Atac per raggiungere il Lungotevere de’ Cenci, sede del nostro beneamato Ordine. Con tutta l’ingenuità del mondo, usciamo. Altro bus, direzione Barberini. Dovremmo cambiare e prendere un altro mezzo. Sono le 14 e trenta. E tutto è ovviamente bloccato dai primi manifestanti che stanno rifluendo verso casa. Il mezzanino è aperto, ma inagibile. Troppa calca. Le due stazioni successive, Spagna e Repubblica, sono ancora chiuse dalle 10 del mattino. Tornare indietro, impensabile. Bisognerebbe rifare via Veneto al contrario. E cioè in salita, con un computer portatile a testa. E il mio trolley al piombo al seguito. One way, pedibus calcantis: si va verso l’Ordine a piedi. Con rotelle al seguito. Contromano rispetto al corteo che sta sgombrando piazza del Popolo. La valigia salta sui sampietrini. La cinghia del portatile mi sega muscoli e nervi della spalla. Dobbiamo ancora pranzare. Ma non è consentito ripensarci. Avanti Savoia, fino alla morte.
Piazza di Spagna è inondata di gente. Il resto è fatica: suole delle scarpe consumate. Sole in faccia. Caldo. Sudore. Puzza. Finché il Lungotevere si materializza di fronte a noi. Civico numero 8. “L’Ordine sarà aperto dalle 15 alle 18 per le verifiche di compatibilità”. Amen. La targa all’entrata dice: “Ordine dei giornalisti, primo piano”. Davanti a noi, due ascensori. Prendiamo il primo. Ci scaraventa al terzo. “Ma come?”, chiediamo sfiniti alla signora che si para davanti ai nostri occhi. “No, è che questo ascensore non ferma al primo piano. Dovete fare il giro”. “Grazie”. Percorriamo un corridoio lungo, scialbo. Illuminato al neon. Le rotelle del trolley riecheggiano il rumore del triciclo del bimbo di Shining mentre perlustra da solo l’Overlook hotel. Le targhe delle porte dicono: Comune di Roma, ufficio patrimonio e immobili. L’ascensore ci risputa al pianterreno. Ritorniamo all’entrata giusta. Facciamo le scale a piedi. “No, guardate, si sbagliano tutti: è che il piano dell’Ordine non è servito dall’ascensore”. Mannaggia la pupazza (tanto per non essere volgari). La saletta adibita a controllo sta sviluppando un pericoloso effetto stalla. Il soffitto è basso. Gli alimentatori dei pc riscaldano ancora di più l’aria. Fortuna che c’è poca coda. Charles ha il portatile difettato. Gli assicurano che gliene forniranno un altro. Domani.
Riassumendo:
tempo totale di controllo: cinque minuti. Tempo per raggiungere l’Ordine: due ore. Sono le 16,30.

È ora di raggiungere l’hotel. Onesti come siamo, cerchiamo un biglietto per prendere il bus. L’edicola all’angolo non ne ha. Il tabacchino dietro l’angolo li ha appena finiti. Non ci sono altri rivenditori. Stiamo per tornare alla fermata: ognuno per la sua strada e ci vediamo domani. E invece no. Perché “goccia dopo goccia, a piover cominciò”. Ci mancava, in effetti, una spruzzatina d’acqua a rinfrescare la giornata e a insinuarsi nelle nostre ossa. Venti minuti. Giusto il tempo di infrascicarsi ben bene. L’ombrello non conta, tanto piove di traverso, con il vento che c’è.

Quando salgo sul bus, il sole sta già tramontando. Ho salutato Charles al volo. “Ci vediamo domani, caro. E riguardati, mi raccomando”.
Bus, metro, bus. Un’altra ora di viaggio. E arrivo al mio hotel, vicino all’Ergife. Chiamo la mia collega, appena arrivata nello stesso albergo. “Sì, vediamoci dopo per ripassare, che ora mi sto un attimo riprendendo dal vomitino che mi è venuto in treno”, mi fa. Benon.

Inizio a sospettare che ci sia qualche maledizione strana nell’aria. E penso: meglio che succedano tutte le cose fantozziane e più strane oggi, così domani andrà tutto bene.

È stato l’ultimo pensiero pseudo-razionale, prima di addormentarmi ripetendo come un mantra lo slogan di Obama: “Yes we can”.

E il venerdì mattina, giorno della prova scritta, un sole scintillante inondava di azzurro il cielo di Roma, riflettendosi nelle pozzanghere del giorno prima. L’aria era fresca, ma non fredda. Il vociare finto-rilassato dei candidati in coda all’entrata della sala Esperanza non faceva che presagire una noiosa e seccante sessione d’esame, da terminare nel più breve tempo possibile.

E invece …

sabato 1 novembre 2008

E io c'ero

Giornalisti, l'esame va storto,
maratona di 12 ore per i candidati

ROMA - Da trionfo della tecnologia a vero e proprio incubo. La 96° sessione degli esami professionali da giornalista i 522 partecipanti la ricorderanno a lungo. Una maratona lunga più di 12 ore che a messo a dura prova i nervi di esaminandi e commissione esaminatrice. Tutta colpa di una partita di pen drive difettose che ha mandato in panne il sistema elaborato dall'Ordine nazionale per lo svolgimento della prova. Il sistema. Eppure le premesse erano delle migliori. Per la seconda volta (dopo la sessione del 26 settembre) l'esame scritto per l'accesso alla professione (che si tiene all'hotel Ergife di Roma), si svolgeva con normali pc. Dopo la svolta che ha mandato in pensione le macchina per scrivere, utilizzate fino ad aprile. Il nuovo sistema elaborato dall'Ordine, infatti, consente a ciascun partecipante di utilizzare il proprio computer. Grazie a un programma (su un cd fornito al momento dell'esame), che azzera la memoria del pc e permette solo di scrivere, salvando su una penna usb, che ciascun candidato riceve insieme al cd. In pratica un elementare programma di videoscrittura che esclude qualsiasi aiuto per l'esaminando. Un sistema testato nella sessione precedente (la 95° con 197 partecipanti) e durante il corso di Fiuggi (di preparazione all'esame) senza alcun problema. Problemi tecnici. Qualcosa però ieri è andato storto. Gli oltre 500 candidati hanno iniziato la loro prova alle 12.40, dopo le normali procedure di riconoscimento e selezione delle tracce, rese un po' più lunghe (la convocazione era fissata alle 9) dalle operazioni di configurazione dei pc (con diverse macchine sostituite dai tecnici presenti). Da quel momento, con tutti i partecipanti nelle condizioni di poter iniziare sono scattate le sei ore. Termine massimo alle 18.40. Al momento della consegna sono iniziati i problemi. Quando i primi candidati hanno terminato le loro prove e hanno portato le penne usb al banco della commissione per la stampa hanno fatto un'amara scoperta. La memoria portatile in diversi casi era vuota. Nessuna traccia dell'elaborato. Lavoro perso e tutto da rifare, visto che sul computer non era possibile recuperare nulla. Con i numerosi tecnici in sala impotenti.


Panico in sala. La paura si è diffusa rapidamente. E a nulla sono valse le rassicurazioni dei commissari. Il rischio di perdere tutto il proprio lavoro ha avuto la meglio. Impossibile prevedere quante e quali fossero le penne usb difettose. Qualcuno ha alzato la voce, altri hanno lamentato piccoli malori. I più non sapevano cosa fare. E a quel punto la prova che doveva sancire un definitivo sorpasso tecnologico, si è risolta con il trionfo della cara vecchia penna. Come consigliato dalla commissione la maggior parte dei candidati ha dovuto ricopiare il proprio elaborato a mano. L'unica modalità possibile per salvare il proprio lavoro se al momento della stampa qualcosa fosse andato storto. Maratona di 12 ore. Operazioni che hanno prolungato non poco la durata complessiva della prova. Almeno la metà dei candidati, che non si rassegnavano a copiare a mano il proprio lavoro, si sono messi pazientemente in fila con il plotoncino di tecnici che scattava da un computer all'altro per tentare una procedura d'emergenza (non sempre efficace). Agli altri è toccato dopo quasi dieci ore di permanenza in sala, armarsi di tanta pazienza e ricopiare il proprio lavoro. Prima di conoscere il verdetto della stampante. Qualcuno alla fine ha dovuto consegnare il lavoro scritto a mano, alla maggior parte la stampa è andata bene. Per tutti il carico di tensione aggiuntiva è stato notevole. Quando l'ultimo candidato ha consegnato la prova erano ampiamente trascorse più di 12 ore dal momento del suo arrivo all'Ergife. Le scuse dell'Ordine. Le facce di quanti uscivano alle dieci di sera, con parenti in attesa o treni saltati, la dicevano lunga sull'umore complessivo. Per tutti le rassicurazioni e la massima comprensione della commissione per le condizioni di lavoro "surreali". Si saranno consolati oggi, forse, con la mail di scuse recapitata a tutti dal segretario dell'ordine Enzo Iacopino. Il primo deluso per una giornata "che avrebbe voluto diversa". Su questo sicuramente gli oltre 500 aspiranti giornalisti non possono che essere d'accordo con lui.

da repubblica.it

giovedì 9 ottobre 2008

mercoledì 8 ottobre 2008

Il quinto elemento

Ormai è passato quasi un mese da quando è arrivato. 
E ha fatto strage di cuori. 
Di tutti e quattro i poveri cuori umani di questa casa. Che si stringono e impietosiscono ogni volta che lui ti guarda con il suo bel faccino. 
Sgrana gli occhioni, sbatte le orecchie. E due volte su tre caccia uno sbadiglio colossale che gli vedi pure l'intestino pigro. 

Non è un gatto. 

E' tante cose insieme.

E' rosso come un comunista. 

Mangia come un socialista. 

E' pigro come il più degno dei fannulloni osteggiati da Brunetta. 

Nell'ordine, i suoi posti preferiti per dormire sono: la mia pancia e le mie gambe quando sto seduta a studiare. Il divano di fronte alla tv. Il pouf. Qualsiasi coperta dove infossarsi e coprirsi il muso con le zampe mentre si appallottola più di un riccio sulla difensiva.
Sospetto che mia madre, per tentare di riportarlo in qua da questa malattia del sonno congenita, gli metta la RedBull nella pappa. Perchè ogni tanto si mette a saltare come un artista circense. Insegue mosche immaginarie. Sale sulla ringhiera del terrazzo rischiando la pelle ogni volta. Entra nella lavastoviglie aperta. Si arrampica sugli alberi del giardino. E pure su di me. Tanto per farsi le unghie. Salvo strusciarsi come il più grande dei ruffiani quando è l'ora della pappa. 
Sarà per questo che ci siamo già tutti innamorati di lui.

Un'ultima cosa. Ha detto che si chiama Miele. 
Però, come tutti i nobili, ha tanti altri nomi: Brutto Nano, Bestia, Belva, Patatone, ecc ecc ecc

lunedì 15 settembre 2008

Ciao ciao bambini

... beh, non sono state vacanze romane perchè ho lavorato tutta l'estate ... ma grazie ai mitici Apples per tutta la compagnia, l'affetto. E l'allegria con cui affrontano la vita.

A loro il piccolo onore di inaugurare la sezione "Google videos" di questa baracca, con la canzone di una splendida notte di mezza estate :-)

lunedì 8 settembre 2008

Requiem per un mocassino

Qualcuno dice che le coincidenze ("correspondances", in francese) non esistono.
Qualcuno dirà che è solo sfiga.
Qualcuno griderà che "non è un paese per gente onesta".

Fatto sta che Mister I., martedì scorso, ha lasciato Roma per la "sua" Milano. Lui è calabrese di nascita ma la Madunina gli ha stregato il cuore e ora non vuole più lasciarla. Dunque era più che contento di lasciare la Terronia incasinata della Capitale per tornare alla "Civiltà". E' partito con due borsoni più alti, larghi, grossi e pesanti di lui. Più il computer. Più lo zainetto da studente. L'emblema dell'essenzialità, insomma. Ad aiutarlo, il Signor M., facchino-per-una-mattina, che ha alterato i suoi bioritmi per accompagnarlo in stazione.


Sul treno, però, Mister I. ha trovato qualcuno di molto poco civile. Che deve aver approfittato di una delle soste dell'Eurostar a Firenze o forse a Bologna, dove il treno si ferma almeno dieci minuti. Con l'estro del mago Oudini e la forza di uno scaricatore di porto di lungo corso, ha "prelevato" uno dei mega-borsoni del milanese d'adozione.

Brutta storia, brutta storia. Soprattutto perchè dentro, oltre ai cd, ai dvd e ai ilbri, c'erano LE scarpe. Ovvero i mocassini. Che non sono scamosciati, ma di pelle e basta. Chissà se il ladro conoscerà la differenza. Chissà se apprezzerà anche la fattura "di quelle scarpe verdi fatte a mano che ce le avevo solo io".

A Mister I, dopo aver sporto la denuncia, non è rimasto che commentare: "Spero almeno che svengano per la puzza dei vestiti sporchi che c'avevo messo dentro".
Poi, per risollevare il suo animo e riportare il guardaroba a dimensioni decenti, si è dato allo shopping compulsivo nel quadrilatero della moda. Noblesse oblige.

sabato 30 agosto 2008

Le pulizie prima dell'autunno

Ho dato una rinfrescatina al template. Ma non sono ancora del tutto soddisfatta. Devo mettere ancora un po' d'ordine. Che ve ne pare, intanto?

Tra le novità segnalo la sezione "Hand made videos", ovvero, come fare danni giornalistici con una telecamera in mano e un programma di montaggio sul pc.

Poi la barra dei miei amici bloggers, con gli aggiornamenti in diretta.

Per seguire i contorti ragionamenti e pensieri spot della sottoscritta, ci sono sempre le "briciole" lasciate su Tumblr.

giovedì 7 agosto 2008

La teoria del cesso,

ovvero: del perchè la carta stampata non morirà mai.

Mister I. ha 1200 videocassette, tutte di film importanti, accumulate in anni e anni di cinefilia, quando ha iniziato a muovere i suoi primi passi da critico (ossia, nella culla). Trema al solo pensiero che un domani non producano più videoregistatori ma solo lettori dvd. Per far fronte all'evenienza, si prepara facendo incetta di film in offerta ad ogni bancarella che incontra nella sua strada di viveur metropolitano romano. Ma il pensiero continua ad affliggerlo. Me lo ha confessato ieri sera, a cena, a casa, con le finestre spalancate sull'afa notturna e in sottofondo il ronzio del frigo Bosh con maniglia, bombato e dai "parchi" consumi.

Poi il discorso, per libere associazioni, si è spostato sui "supporti per la lettura".

"Dì quello che vuoi" - ha sentenziato mister I, frascico e saziato da una tonnellata di risotto allo zafferano. "Si potrà leggere tutto su computer, avere i palmari e gli screen touch più avanti del mondo, ma quando vai a cagare cosa ti porti in bagno? Il giornale. Perchè la carta, mentre sei seduto sul cesso, è la cosa più comoda da maneggiare". Altro che elettronica.

Ipse dixit. E io sottoscrivo.

lunedì 28 luglio 2008

Viaggio nel tempo.

Il linoleum del pavimento, in corridoio e negli scompartimenti, è color caramella mou, striato. Gli infissi e le maniglie, laccati ottone. Poltroncine verdi. Verde sporco. Manca uno dei tavolini estraibili. L’aria condizionata o va al massimo, modello congelatore, o non funziona. In sospensione, un odore di stantio e di filtri intasati. Il bagno è inservibile. Nel senso che è guasto. E comunque sarebbe sporco e senza carta igienica. Tocco finale: una cortina nebbiosa oscura lo sguardo di chi vorrebbe mirare fuori dal finestrino. Gocce essiccate di sabbia, di sporco, di schifo. Di vetri esterni non lavati da chissà quando. Probabilmente risalgono all’epoca di costruzione del treno. Anni Ottanta, a voler fare una stima molto per difetto.
Prezzo pieno: 42 euro e rotti. Venezia-Mestre, Roma Termini. Intercity delle 9,20 del mattino. E mi è pure andata bene. Nella carrozza sette l’aria condizionata è proprio partita. E i “signori passeggeri sono stati pregati ad accomodarsi nelle carrozze 4, 10, 11”. Con armi e bagagli, abbastanza voluminosi e pesanti da spostare, dato il periodo di ferie e viaggi.
Mugugni. Sguardi incazzati. Sguardi rassegnati. “Eh signora mia, qui in questo paese non funziona più niente”. “Ha ragione. E sa perché? Perché non c’è un uomo, uno, di quelli al potere, che abbia cuore. Tutti vanno al governo e pensano solo agli affari loro. Che siano di destra o di sinistra, non fa differenza”.
E dire che non è pure il peggiore dei viaggi che ho fatto. In fondo, è arrivato in orario (sembra un concessione, una fortuna, un evento straordinario).

E allora io quasi quasi scrivo una letterina a Montezemolo:

Caro Luca (e, in CC: Caro Silvio, caro Giulio),
mi sta bene che tu voglia fare i treni super veloci, più veloci della luce e forse delle Ferrari (che non ci vorrebbe poi molto, visti gli ultimi gran premi) … sei il presidente di una società privata, lo so. E quindi puoi fare quello che vuoi. Ma perché non ti inventi anche il modo per mettere un po’ di pepe al culo ai tuoi futuri concorrenti e spingerli a migliorare le tratte minori, o per percorrenza o per fascia di prezzo? La maggioranza, che magari non può permettersi ogni volta un eurostar o un’alta velocità o un tuo futuro super –treno rosso e che vorrebbe viaggiare non con gli infissi rivestiti in oro ma semplicemente con un bagno che funziona e un treno, nel complesso, pulito, te ne sarebbe molto grata.
Grazie

Ps: speriamo intanto che Massa trovi finalmente la sua regolarità (intestinale) e che si sciolgano le stalattiti di ghiaccio sulle mani di Raikkonen, così potrà pigiare a fondo il tasto “throttle” (acceleratore).

giovedì 24 luglio 2008

Salva con nome

Potrebbe sembrare una marchetta. Prendetelo come un consiglio. Almeno per chi ha Sky. Domenica, h 23, su Sky cinema mania (dice il Magazine del Corsera), passa Il vento fa il suo giro, di Giorgio Diritti. Tempo speso bene, se vi capita di transitare davanti alla tv.

mercoledì 23 luglio 2008

Strascichi

Aggiunge il signor M, via mail:

"
Dai brogliacci emergono altre frasi interessanti da dare in pasto ai media
"Se per te essere comunista è mettersi un paio di mocassini di pelle allora si capisce dove è fallita la rivoluzione"
E anche: "I tuoi racconti sulla formazione dei bambini di Trebisacce non fanno che accrescere l'annosa questione meridionale"
E ancora: "Quelle scarpe lì le mettete solo tu e Tullio De Piscopo"
E ancora: "Se quella è erudizione viva l'ignoranza ..."

E'stato poi rimosso dalle trascrizioni il momento in cui caschetto biondo si ritira in camera, prende il libro di quell'ebreuzzo yankee e accende a palla Nino D'Angelo: "Maledetto O'treno che t'ha portato via"

"

Ribatte mister I, sempre per posta elettronica:

"
Interrompo la trasmissione scendendo dalla mia torre di avorio
per una questione che ha del personale...

Primo: i vecchi comunisti si vestivano e si vestono con classe (quindi è sbagliato dire e io non ho detto: "era comunista ma...", perché non c'è contrasto tra le due cose...)

Secondo: William Gass non è uno scrittore ebreo-americano, ma americano al cento per cento...quello cui si riferisce la signorina della rozza Padania era Malamud..

Terzo: la ragazza padana di cui sopra (ribattezzata Flemmy Sbuffina dopo un fugace passaggio a M.) si vede che non ha un cazzo da fare in quella redazionaccia che è la cronaca del tg...

"

Chiude il signor M:

"
Una precisazione: continuo a non vedere il nesso tra "il vestire con eleganza" e i mocassini di tullio De Piscopo". Nè quello tra il "comunismo e i mocassini". Ma forse perché non ho mai letto William Gass (discendente di italiani emigrati, il cui vero nome è in realtà Giacomo Scorregia)

Alla primula padana dico; "non afflosciare la tua soave penna al cospetto di cotanta terrona superbia. Quanto al non avere un cazzo da fare, quello è come dire, didascalico.
"

ps (mio): poi non si dica che non ho rispetto filologico per le dichiarazioni, anche quando vanno a mio discapito!

giovedì 17 luglio 2008

I dilemmi esistenziali dei miei due coinquilini

(tratto da una storia vera ... dispiace sempre non avere una telecamera nascosta, in questi casi)

Prologo: mister I, ai saldi, ha comprato un paio di mocassini in pelle - che fanno molto dandy trentenne in carriera anche se lui ne ha solo 24 - un paio di nike bianche con striscia argentata (molto tamarra) sul tallone e, infine, un paio di scarpe che hanno un che di normale (per fortuna).

La scena: Interno, sera. Tra la camera da letto, il corridoio e la cucina. Luci e tv accese, finestre aperte sul caldo romano, nel parcheggio di fronte il solito traffico notturno di auto e trans. Ma ai due eroi protagonisti nn gliene frega nulla. Il punto è ben altro. E' la conoscenza intima della realtà del mondo. Che si traduce in una domanda pressante e ineludibile:

"Dove pensi di andare se non sai la differenza tra pelle e camoscio?", stride mister I. con tono di sufficienza ma pure abbastanza inquisitore, dopo un reiterato errore di definizione da parte del signor M.
"Non è un problema mio. Vivo bene lo stesso", ribatte il signor M., fiero della propria ignoranza.
"Ma tu non puoi non conoscere la differenza!!!! A Trebisacce (il suo luogo natìo in Calabria, ndr), a tutti i bambini, dagli uno ai cinque anni no, ma dai cinque ai dieci sì, si insegna a distinguere i due materiali. Mio nonno era comunista ma sapeva vestirsi bene, con classe".
"Ma che educazione danno ai bambini in quel borgo sperduto? E cosa c'entra il comunismo? Comunque è una cosa che non mi interessa e quindi non ritengo necessario imparare la differenza", replica il signor M, placido.
"Ma come?!?!" - lo interrompe furente mister I. - "E' come non sapere la differenza tra un merlot e .."
"Calma, calma ... il vino mi interessa molto. Per cui so distinguerle i vari tipi"
"Ma non puoi non conoscere l'abisso che passa tra un mocassino in pelle e uno scamosciato! Anche se non ti interessa. E' una questione di cultura. E' l'essenza stessa della letteratura. Nelle piccole cose si riflettono le grandi questioni culturali. Come farai a farlo sentire a un tuo lettore se non sei in grado di capire la differenza tra scarpa in pelle e scarpa scamosciata?"
La conversazione si fa sempre più scottante ...
"Fa come credi. Per me è solo una mera distinzione tra forma e sostanza. La tua è solo una superficiale questione formale ... se ne avrò bisogno, imparerò la differenza. Non basterebbe una vita per imparare tutte le cose che vorrei, quindi devo selezionare per forza", afferma il signor M, fiero di sapere di non sapere.
Il dialogo prosegue per una buona mezz'ora, spezzettato in vari round interrotti da pause di silenzio in cui i due contendenti riorganizzano le idee e cercano nuove argomentazioni.
Alla fine mister I., forte della propria superiorità culturale in materia di calzature, decide che non vale la pena spendere ulteriore fiato ed energie per alfabetizzare questo, a suo dire, energumeno ignorante che condivide la stanza con lui. E si ritira, stizzito, nella suo giaciglio-torre d'avorio, per continuare la lettura di un romanzo di "uno dei tre più grandi autori ebrei della letteratura americana". L'opera di evangelizzazione può attendere.
Il signor M.,invece, finalmente lasciato in pace, può sgrufolare a piacimento, in cucina, nella terrina salutista di rucola-pomodoro-mais che aveva poc'anzi preparato.

sabato 21 giugno 2008

Ciao Sergente

Come con Gigi, lascio la parola a chi l'ha conosciuto meglio di me ...

16 giugno 2008

Lasciate che non dica niente del Sergente, della neve, della guerra in Russia.
Lasciate che io non parli, non scriva della sua morte, perché non avete bisogno di parole aggiunte, di note, di immagini.
Lasciate in pace la sua tomba senza portare fiori.
Lasciate i quotidiani fare il loro giusto e non facile mestiere di testimoniare la perdita.
Leggete non oggi ma tra un mese, tra un anno e ogni tanto ancora quello che magari avete già letto dei suoi libri preziosi.
Leggete ad alta voce "Arboreto salvatico" a dei bambini, poche righe alla volta.
Viaggiate una volta nella vita attraverso la Russia contadina e slava che tanto assomiglia a come eravamo prima.
Camminate in silenzio nei cimiteri di guerra tra le montagne dal Carso al Pasubio all'Adamello.
Ricordate che dietro ad ogni grande scrittore non sempre c'è un uomo all'altezza. Rigoni è un'eccezione e questo ci rincuora, in lui era impossibile separare uno dall'altro.
Se possiamo imparare qualcosa da tutto questo, facciamolo durare.

Marco Paolini

venerdì 13 giugno 2008

Prove tecniche di recensione

Non ci sono sommersi né salvati tra i protagonisti del film di Francesco Munzi, Il resto della notte (Italia, 2008, 100’). Figure non finite di ciò che vorrebbe essere un affresco crudo e metallico del Nord Italia di oggi, visto come un incubo popolato da borghesi ricchi e soli. E da poveracci, immigrati e non, che tirano a campare. Ma l’affresco sembra più uno schizzo. Impreciso. Descrive la superficie ma non indaga le ragioni del malessere. Non graffia.

Sulle strade umide e slavate di Torino ci sono i coniugi – ricchi e in crisi – che licenziano la colf romena-faccia-d’angelo, sospettata di avere rubato un paio di orecchini. Così Maria, respinta da Giovanni (Aurélien Recoing) e Silvana (Sandra Ceccarelli), scende dall’inferno di cristallo della villa in collina a quello sporco e promiscuo delle case di ringhiera, in cerca del suo ex, Ionut. Lì, dove il sogno di un domani migliore è una chimera fatta di piccoli furti e rapine, di gioielli ricettati e scambiati in una roulotte fangosa di periferia. L’odore dei soldi aleggia. Quelli messi da parte per costruire un domani migliore sono sempre troppo pochi. Gli altri spariscono in strisce di cocaina che bruciano le narici di stranieri e italiani. Quelle di Ionut come quelle di Marco (Stefano Cassetti), occhi rossi, dentro e fuori dal carcere e dal Sert.

Torino è una piazza vuota, arida. Ma lo squallore iniziale non è mitigato né accentuato. Come non è approfondita la sofferenza dell’esistenza dei protagonisti, ognuno sull’orlo della disperazione per motivi poco perscrutabili. “Ho paura” dice Silvana al marito, nel bel mezzo di concerto a teatro. “Ma di che cosa?”, chiede lui. Risposta: “Non lo so”. Non lo sa, mentre Marco, Ionut e il fratello adolescente Victor tentano la rapina nella villa dei ricchi borghesi. Finirà in tragedia, per le cronache. Ma il dramma di chi sopravvive non viene raccontato. Le figure più innocenti, la figlia adolescente di Giovanni e Silvana, il figlio piccolo di Marco, il giovane Victor, rimangono marginali, come colte da una rabbia che spinge al mutismo. Parlano poco o niente. A volte sbottano contro le persone a loro più vicine. Nel film restano figure poco raccontate. La storia non ha quel ritmo che giustifichi la loro salvezza. O la loro dannazione nella condanna di vivere ancora.

L’affresco, nonostante si percepiscano delle buone intenzioni a priori, pare malriuscito. La foto scattata al Nord e ai suoi problemi, sfocata.

mercoledì 21 maggio 2008

Last, but not least


Ebbene sì, finalmente quest'anno sono riuscita ad andare al Vinitaly ... con telecamera, tra l'altro. Ne è uscita questa cosa (che metto nel cassetto insieme al servizio sul teatro Gerolamo). Le immagini, checchè se ne dica, sono state girate mentre ero sobria.

Niente ciucche invece per il servizio radio sui kit antidroga del Comune di Milano. Si ringrazia i Baustelle per la colonna sonora :-)

E queste erano le ultime produzioni. Rien ne va plus. Il resto tocca inventarselo da soli.
Ora bisognerà lasciare il posto a qualcun'altro. E' già pronto il bando per trenta nuovi aspiranti stregoni.

lunedì 28 aprile 2008

Viaggiare, partire

"Viaggiare partire viaggiare viaggiare partire
viaggiare partire viaggiare partire
partire viaggiare viaggiare partire
partire viaggiare non fermarsi mai
chilometri che sotto il culo passano e allontanano i guai
viaggiare, vedere tutti gli angoli della terra
rincorrere le estati
farsi rincorrere dalla guerra che hai nel cuore
correre più veloce del dolore
come un jet supersonico precedere il tuo stesso rumore
e fare in modo che non ti raggiunga mai
viaggiare al volante di una macchina scassata
che per ogni chilometro in più è un gloria al padre
e fare una telefonata a tua madre, dire è tutto a posto
ritorno per Natale ad ogni costo
partire viaggiare agosto dopo agosto...
allontanare ancora un po' le responsabilità
come in una crepa in una barca che prima o poi ti allagherà
e sarà forse troppo tardi per rimediare
partire viaggiare non dimenticare
fotografare il mondo in movimento
cercare il senso della vita in un momento
che si ripeterà ma chissà dove chissà quando
partire e vivere cercando e ballando
su ritmiche diverse su diversi accenti
ballare sopra i fusi orari e sopra i mutamenti di clima
scalare la cima e poi scendere a valle
una dieci cento mille miglia
coi piedi per bagaglio e il mondo per famiglia
mangiare le cucine dei paesi più lontani
con le forchette con i bastoncini con le mani
i paesi più lontani, ma lontani da che lontani da cosa lontano da dove
con le radici nel tuo cuore e i rami nell'altrove
partire col sole sempre in faccia ad ogni costo
agosto dopo agosto...
Viaggiare sentirsi Marco Polo sentirsi molto solo
qualche volta sopra un treno
dentro uno scompartimento pieno di facce che non sai che non saprai
confini di solitudini che non cadranno mai, che tu non rivedrai mai
scambiare quattro chiacchiere in lingue che non sai
comunicare con un semplice sorriso o con un gesto solo
scoprirsi Marco Polo e non sentirsi solo tra gli umani
stringere milioni di mani in ogni posto
agosto dopo agosto...
Viaggiare attraverso il suono, buono, il basso che è un tuono
viaggiare attraverso la musica, attraverso la cultura
la scoperta della natura e di sé, viaggiare nei perché
viaggiare in internet o sopra un jet o in bicicletta o a piedi
modificare i credi scambiarsi le fedi
e muoversi rimanendo fermi sul posto
agosto dopo agosto... "

da Lorenzo 1990-1995

venerdì 18 aprile 2008

Onore al merito

Il primo premio del Concorso Memorie Migranti di Gualdo Tadino è stato vinto quest'anno da
MARCO GRASSO
praticante al Master di Giornalismo dell'Università degli Studi di Milano
e il regista montatore Alberto Cozzutto

con il video
IL COLORE DELLA MEMORIA
visibile in home page sulla testata on line www.lasestina.unimi.it




Il 14 marzo 2007 si conclude il processo Esma. Per la prima volta vengono giudicati colpevoli i responsabili della tragedia dei Desaparecidos, che ha insanguinato l'Argentina dal 1976 al 1983. In soli sette anni vengono rapite, torturate e uccise 30mila persone. Mille di loro sono italiane, la metà ha passaporto italiano.

Il procedimento si celebra in Italia perché si basa sugli omicidi di tre cittadini italiani. Una di loro è Angela Maria Aieta, emigrata prima della Seconda Guerra Mondiale da Fuscaldo, paesino in provincia di Cosenza.


Quello dei Desaparecidos è una tragedia in cui gli italiani sono vittime e carnefici. Una vicenda che ha la dignità dei fazzoletti delle madri di Plaza de Mayo, come Angela, rapita e uccisa perchè cercava il figlio scomparso.

giovedì 6 marzo 2008

Briciole

Mi sono data a Tumblr. Così, per espandere la mia identità digitale. Mi trovate qui: http://fregoe.tumblr.com/ (oggi non c'è verso di inserire i link dai computer dell'università. Solo copia e incolla)
Per la cronaca, "frègoe" = fregole = briciole, in veneto.

Devo ancora sistemarlo un po'. Ma intanto c'è.

Gnauz.

martedì 26 febbraio 2008

E' arrivata!

E' nata. Domenica notte. E sì, si chiama proprio Itandehui. Pesa quattro chili e ottocento grammi. E' lunga cinquantacinique centimetri. Sta benissimo. Pure la mamma, ora che si è un po' ripresa.
Buona fortuna, bimba!

Io intanto ho traslocato. Non so perchè, ma mi sento un po' triste.

martedì 19 febbraio 2008

Vigilia



"Drriiinnn"- "Sono la zia. A che ora è domani la laurea, allora?"
"Non so, non prima delle 11,30, dice il laureando. Ci sono otto discussioni della specialistica e poi c'è lui, che è il primo delle triennali. Facciamo alle 11 per scrupolo, va".
"Ok, a domani".
Clic.
"Drriiinnn"
- "Sono la nonna. Volevo fare gli auguri a tuo fratello. Sai, sono troppo vecchia per venire fin lì domani. Ah, sta ripassando? Va beh, salutamelo e digli che prego tanto per lui".
Clic.
"Drrriiinnn"- "Sono l'amico di famiglia. Allora, a che ora è domani? Undici o 11,30? Decidetevi, casso! Ok, facciamo 11,15"
Clic.
"Drriiinnn"- "Sono l'altra zia. Sì, allora, per il rinfresco ho preparato dieci torte salate, venti dolci e trenta litri di caffè"
"Ma zia, tranquilla, non serviva ..."
"No, no, mi spiace solo non poter fare di più".
"Va benissimo così, grazie mille".
Clic.
"Drrriiinnn""Sono l'amica. Ma domani mattina dobbiamo trovarci prima per preparare gli scherzi?"
"No, venite direttamente"
"Ma alle 11 o alle 11,30?"
"Facciamo 11,13 e 25 secondi, tanto per star sicuri".
Clic.

C'è sempre una prima volta per tutto. La vigilia della laurea del fratellino (si fa per dire) minore è un'esperienza che mi mancava. Ma non è finita qui.
Ora mi attende almeno un'ora da pubblico-cavia-silenzioso, mentre lo ascolto ripetere e mettere a punto il discorso per domani. Che mi replicherà la mattina, prima di partire ... aaaaarrrrgggghhhh!

venerdì 15 febbraio 2008

Gira bene


Ci sono film che vale la pena vedere, anche se stanno in un cinema piccolino, non "illuminato" dai fasti del centro cittadino. E' il caso dell'opera prima di Giorgio Diretti. Una piccola storia, una bella storia. Giunta al nono mese di programmazione, almeno a Milano. Non male, per il primo lungometraggio in/sulla lingua occitana.

Ve lo consiglio.

mercoledì 13 febbraio 2008

B-day

Nel senso di "birth-day". No, niente compleanni. E' da intendere in senso letterale: oggi dovrebbe nascere la bimba di N, la mia coinquilina.
Si chiamerà Itandehui (lo spelling è un atto puramente arbitrario e relativo!), che in maya vuol dire "luce di luna" (oppure: "fiore caduto dal cielo", luce che viene dal cielo", dice l'oracolo della rete). Però non so, mi sento che oggi non succederà nulla. Tanto più che è già pomeriggio inoltrato.
Intanto io non più traslocato, non ho una casa alternativa e mi appresto a condividere la stessa stanza della piccolina, della sua mammina e della zia, che nel frattempo è arrivata da oltreoceano. E aspetto di sapere dove sarò in stage. Mi sembra un po' un dejà vu. Ma ce la faremo.

domenica 3 febbraio 2008

Into the wild ... Avanti, c'è posto!

Siccome non ho abbastanza cose da fare, ho pensato di iscrivermi ad uno "stage di sopravvivenza" (no dai, scherzo, è una cosa defatigante, per eliminare tutto lo smog accumulato a Milano in questi mesi). Dal 29 febbraio al 2 marzo. Tre giorni sull'Appennino piacentino. Si dorme all'aperto. Niente tende, nè fornelletti. Solo teli e corde per fare i ripari, legna e fiammiferi per cucinare. Se non vi siete ancora terrorizzati nel leggere queste righe, potete iscrivervi anche voi. Unica condizione: essere capi dell'Agesci. Avanti dunque, che c'è ancora posto! Sul sito di Orizzonti d'inverno , tutte le informazioni necessarie per assaporare il Wild.

Buona strada.

Sumo in the snow

Dicevano che sarebbe stato brutto tempo. In effeti non è che ci fosse un sole splendente. Ma, oggi, la neve alla casera Pian de le Stele, Alpago, 1400 e rotti metri sul livello del mare, era una cosa spettacolare. Pazzesca, ragazzi, pazzesca. Fresca, farinosa, "asciutta". L'ideale per battaglie a palle di neve e per un nuovo sport olimpico di mia creazione: "sumo in the snow".- Basta avere la compagnia giusta, con la sindrome di Peter Pan e la voglia di evadere. Il silenzio ovattato, e i passi che sprofondano sulla strada immacolata, hanno fatto il resto. A perfect day, guys! Se, prima o poi, mi arriveranno le foto, ne metto pure qualcuna qui o su Picasa.

Salumi e caci.

ps: sto meditando una fuga su tumblr, per agevolare e velocizzare gli aggiornamenti .. dite che faccio bene?