mercoledì 27 giugno 2007

Gigi

Stamattina ho strabuzzato gli occhi su un pezzetto di corriere.it, chiaro copia e incolla di un'agenzia asettica, nascosto in coda al sito tra le news minori. Dice che Luigi Meneghello non c'è più. Così improvvisamente mi sento triste. Qualche anno fa volevo portare "Libera nos a malo" all'esame di letteratura italiana. Ma mi ero arenata nella lettura, poco dopo l'inizio. Saltata l'intenzione, l'ho letto tutto d'un fiato un paio d'inverni dopo, mentre ero in Erasmus. Forse perchè quando si è lontani da casa le radici si fanno sentire di più. Per me è stato un salto nel tempo, un'aggiunta corposa ai racconti dei miei nonni, un ricostruire quello che il Veneto era stato un tempo. Come se in quello che siamo, nella nostra identità di cittadini del terzo millennio, ci fosse anche un pezzettino, piccolo ma importante, di quel mondo contadino. Fatto di dialetto, di parole che adersicono alle cose, che sono le cose. Di parrocchie e scontri tra la Dc e il Pci. Di filastrocche e sberleffi. Di tradizioni che sembravano immutabili. Di un mondo ormai perduto, cristallizzato in memoria nelle sue pagine.
E qundi sono un po' triste, sì.
Però mi viene da dire solo "grazie". Una cosa piccola per un grande prestigiatore della parola.

ps: meglio di me si è sicuramente espresso Marco Paolini. Lo attacco qui, per chi ha la voglia e la pazienza di leggere...
26 giugno 2007
Si comincia con un gran vento stamattina che spazza la pianura e mitiga il caldo. Poi una telefonata. Luigi Meneghello è stato.
Ci ha regalato la nostra lingua, sembra un gioco di parole, ma per me è stato così. Senza i suoi libri non avrei mai immaginato di poter parlare come oggi faccio a teatro, sarei rimasto un attore, avrei recitato delle parti senza mai provare a inventare. E’ la musica del dialetto che mi ha dato lo spunto, sono le parole-cose che mi hanno guidato.
Oggi vorrei tenere per me la commozione per un amico che muore, ma sarei egoista.

Morendo una lingua non muore solo un modo di chiamare le cose, muoiono le cose. Così scriveva nel suo libro più famoso, ma senza persone che raccolgono con pazienza e divertimento povere parole e raccontano (bene) piccole cose, la lingua, il dialetto da solo non basta e non salva.
Serve cultura, passione, coscienza del valore delle parole e delle cose; serve accorgersi del momento in cui finiscono, in cui si perdono. Per questo sono preziosi “Libera nos a Malo”, “Piccoli maestri” e il resto, perché uno ci trova qualcosa di suo anche se è cresciuto a Terni, a Barletta.

Il valore di Luigi Meneghello è sicuramente meno chiaro oggi nel Veneto che altrove; la sua storia è un’esperienza che attraversa l’Europa raccontando di un’Italia preziosa non solo per chi vuole ricordare ma anche per chi oggi vuole ricostruire legami, identità, cittadinanza prima dell’appartenenza a una parte.
Luigi Meneghello è stato un uomo del Nord Italia che ha usato la sua lingua per farsi capire, mai per escludere. E’ stato sempre un vicentino di paese, ma anche un partigiano d’Altipiano, un italiano all’estero stimato nella sua università e non solo. E’ stato negli ultimi (duri) anni il vedovo della Kate, donna eccezionale non solo perché sopravvissuta ai lager nazisti, ma per la sua discreta e autorevole condivisione del lavoro dello scrittore.
Abbiamo tutti, dalla scomparsa di lei, provato ad alleviare la sua solitudine, lui compreso, mantenendo fino all’ultimo una vita intensa ed aperta.
In questo momento sento che a loro, a tutti e due, dobbiamo dire grazie e addio, con la stessa leggerezza, senza retorica.
Prendete la vostra copia di un libro di Meneghello e poi firmate voi una dedica (A Gigi e a Kate) sulla pagina con il titolo.
Se invece non lo avete mai letto prima, fatevi scuotere dall’inevitabile clamore dei giornali in questi giorni, dai coccodrilli dei ricordi di quanti, più autorevoli di me o più vicini a lui, o semplici lettori, vorranno testimoniare. Fatevi scuotere e cominciate un suo libro, il più famoso, così arriverete all’irresistibile pagina di “Libera nos a Malo” in cui un brombòlo (insetto mitologico dell’alto vicentino) scala un monumento usando i nomi dei caduti incisi nel marmo non come citazioni ma come appigli alle sue zampette.
Questo credo di aver imparato da Luigi Meneghello : la memoria è un muscolo da allenare con pazienza; richiede esercizio e pratica come la cura del corpo, ma non ci sono palestre a pagamento per questo, non si può affidarsi a qualcuno, tocca farlo da soli, giorno per giorno, serve tempo, non si paga niente, è gratis e forse per questo oggi vale poco. Fatelo, è un giorno buono per cominciare l’allenamento, approfittate della promozione, dell’offerta speciale di questo funerale, per lui che è stato, per esser noi più viventi ancora di quel che finora eravamo.

Lo scirocco scuote i balconi, s’infila dentro casa e fa sbattere le porte, è raro un vento così da noi, è cosa da mare.
Il sole splende, è un bel giorno per salutarsi.
Caro Gigi, domani sera andrò in un posto sotto l’Altipiano a tirar con la fionda a una vecchia lampadina Edison sopravvissuta al post moderno. Spero di avere ancora una buona mira.

Marco Paolini

martedì 26 giugno 2007

La rosa e il post-it

Sarò banale. Sarà un fatto insignificante, forse retorico. Però sono quei dettagli che ti rimangono impressi nel flusso continuo delle cose che ti passano davanti.

Domenica pomeriggio. Stazione di Bologna. Devo aspettare mezz'ora prima che arrivi l'Eurostar per Milano. Non ci sono panchine sul binario, allora vado in sala d'attesa. Piena. Fortuna che c'è l'aria condizionata. Al muro una mostra fotografica temporanea: migliaia di volti, con sotto una didascalia sempre diversa. E poi c'è sempre quella lapide, fissa. Quella con i nomi di tutte le vittime dell'attentato. Per terra, sopra il metro quadro di vecchio pavimento a mosaico che porta ancora i segni dell'esplosione, un mazzo di due-tre rose ormai sgualcite. E un post-it. Mi colpisce perchè la grafia morbida e rotonda rivela una mano giovane, femminile. Magari una parente di una qualche vittima. O forse no...

"Per chi sarebbe dovuto diventare adulto ... e non ha potuto farlo.

Per chi avrebbe dovuto scoprire l'amore. E non ha potuto farlo.

Per chi sarebbe potuto diventare mamma o papà ... e non ha potuto vedere il suo bambino.

Per chi sarebbe dovuto diventare nonnno o nonna ... e non ha mai visto il suo nipotino.

Per voi".

giovedì 21 giugno 2007

Se un mattino di giugno una stagista...

"Ho snappato il forex sull'apertura di New York. Appena esce il fullout lo traduci? Ovviamente aggiornando le quotazioni in chiave dollaro sulle altre valute."

"..."

"ce la fai?"

"sì sì". E parto. No, non mi sono drogata. E' solo che sto iniziando a capire qualcosa, un pochino, del gergo italo-economico-finanziario della Reuters. Il primo giorno la prima frase del post mi sembrava più incomprensibile di un versetto del corano scritto in lingua originale. Invece altro non è che il take (ops, il pezzo) di agenzia completo sul valore del dollaro nei confronti delle altre valute, in questo caso all'apertura della borsa di New York (ahhhhhh, direte voi). Mutatis mutandis, mi capita di fare la stessa cosa per l'apertura e la chiusura di Londra, o di scrivere degli andamenti del greggio quotato a Londra o di titoli di svariati stati (treasuries, bund, gilt, bond euro e compagnia bella).
Questo finora, dopo soli quattro giorni di stage. Un primo bilancio? ... una fatica fisica immensa, sentita soprattutto alla sera, in termini di occhi gonfi causa troppo tempo davanti al pc, gambe pesanti x scarsa circolazione e un po' di dolore alle spalle. Ma tutto sommato si può dire che faccio anche molti progressi e che mi si aprono "nuovi mondi" in continuazione. "Ho visto cose che voi ... cronisti di quotidiano -a tratti molto invidiati, non lo nego- non potete immaginare. Valute di galassie lontane che subiscono effetti di carry trade perchè a basso rendimento, impennate del greggio dovuto ai casini in Nigeria, ecc ecc ecc...".
Non riesco ad avere una visione completa, ma sospetto che possa essere una palestra molto utile. Anche se, come aspirante cronista, non credo che rimarrò in questo settore.
Cmq l'ambiente è bello. La truppa è giovane, il clima informale. Nessuno mi ha ancora fatto nessun cazziatone, anzi tutti sono gentili e pazienti. E per forza, visto che partivo dallo zero assoluto.

Ora basta, che sennò nessuno arriva a leggere fino alla fine.

Le vacanze (what is it?) sembrano già un ricordo lontano. Però prima o poi devo scrivere dell'Orchestra di piazza Vittorio e delle marmotte (vere) che ho visto a 1900 metri di quota. :-D

Stay tuned.
To soon.

mercoledì 13 giugno 2007

Santa schiscetta



Vi presento uno dei miei prossimi vangeli per il prossimo anno accademico. Ne ho sentito parlare su Radio Deejay, non mi ricordo più quando. Ma appena posso lo cerco, lo prendo, lo uso. Soprattutto finchè al polo universitario di Sesto San Giovanni non apriranno una mensa decente per gli studenti ... w la schiscetta (qui la def, da un altro blog) sana e creativa!!!

Autore: Stefano Arturi
Titolo (con commento di un altro blogger): Pausa pranzo. Come stare lontano dai bar e vivere felici.

Liguria-Costa Azzurra-Provenza/1

Credo che la Liguria sia il contrario del Veneto. Più o meno. Non c'è quasi niente di dritto, in quella regione. O si sale, o si scende. Insomma, non ci si annoia, e ci si mantiene in forma. Beh, diciamo che vale soprattutto per i paesini piccolini, borghi medievali di cui si vede ancora chiaramente l'impronta. Una traccia che si ritrova anche oltre il confine francese. Per cui, se vi capita di passare da quelle parti, nella riviera di Ponente, la "guida" consiglia:
tutti i paesini intorno a Sanremo, a iniziare dalla Pigna, la parte vecchia della città dei fiori. Nei dintorni poi ce n'è per tutti i gusti, ma tenetevi a mente Dolceacqua e Bussana Vecchia (di cui spero di riparlare).
Sennò fate una capatina in Costa Azzurra. Menton è il primo borgo oltre la frontiera, dopo Ventimiglia (ingolfata e trafficata). Non serve nemmeno prendere l'autostrada, basta seguire la costiera e godersi il viola intenso delle bouganville in fiore. Se prendete l'autoroute, preparatevi ai balzelli, stile Austria-ponte di Innsbruck, perchè ogni tot chilometri si versa una gabella. Velocemente: niente male le spiagge di Nizza e Cannes. Ciottolose, ergo niente sabbia che si appiccica e si inflitra dappertutto. Belli i sassi. Mi piacciono. Basta trovare la posizione giusta.
Marsiglia si può anche evitare. Troppo grande, troppo caotica per raggrupparla in un itinerario di un solo giorno che comprende più tappe.
Ma se siete arrivati fin là, tanto vale fermarsi a Aix-en-Provence: piccola, coccola, bellissima. E con ristoranti molto invitanti :-D

giovedì 7 giugno 2007

Itaca

questa l'ho sentita recitare, anzi, "raccontare" da Moni Ovadia ... è meravigliosa, a mio modestissimo parere ...

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d'ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Constantinos Kavafis

martedì 5 giugno 2007

dettagli

Caldo, afa. Le arcate della stazione Centrale di Milano producono il loro gagliardo effetto serra per i viaggiatori, in attesa o di passaggio. Su ogni binario, almeno 5-6 schermi pubblicitari. Dopo quasi un'ora di attesa capisci che le pubblicità a rotazione sono sempre quelle tre: il bel George Clooney e la sua banda che ti invita al cinema per Ocean's 13. Una lavatrice talmente insonorizzata da permetterti di cantare una lieve ninnananna al tuo bimbo. E, dulcis in fundo, lo spot che non ho capito se fosse ancora per le celebrazioni del 2 giugno (peccato che fosse ormai il 4!) o per la festa delle forze armate di oggi (più probabile). Risultato: ogni quarto d'ora (anche meno) scatta in tutta la stazione l'inizio dell'inno italiano. Come se fosse uno spot pubblicitario qualunque. All'inizio non capivo da dove venisse il suono (pensavo a festeggiamenti ritardatari). Poi sugli schermi ho visto bandiere sventolanti et similia. Non so, forse in Francia me la sarei aspettata più facilmente una cosa del genere. O forse loro ci tengono di più alla Marsigliese, e non la usano come jingle da mettere a palla, che fa quest'effetto simil-patriottico.
Dettagli, mentre aspettavo ieri il trenino x Tv.

lunedì 4 giugno 2007

Intermezzo

ci voleva, una vacanzina. Sette giorni, tra Sanremo e Marsiglia. Spiagge, di sabbia o sassi lisciati dall'acqua. borghi medievali abbarbicati sulle Alpi marittime e lungomare figosi per passeggiate da semi-divi, o gente-con-schei. Ma, soprattutto, più pioggia e nuvole che sole. E quindi poca abbronzatura. Però tante cose, viste e sentite. Piccole pepite. Dagli artisti di Bussana Vecchia a Moni Ovadia (grandioso!), incontrato per caso. Qualcuna la racconterò nelle prossime puntate. Ora, in due giorni, ho attraversato il Nord in larghezza. E sono a casa. Il 18 inizia lo stage. Intanto riprendo fiato. A presto ...

augh.