lunedì 19 marzo 2007

Se una domenica sera a San Babila...

PS (all'inizio, tanto per fare gli originali): è tutto vero, niente di inventato. Mi pare fosse una sera di febbraio, al massimo di fine gennaio ...

Una strana signora alla fermata dell’autobus. “Perché, Milano vi sembra una metropoli? Guarda: è domenica sera e siamo in quattro gatti in giro”. San Babila sembra un avamposto del far west, in effetti. Le transenne coprono l’incrocio che costringe il nostro bus a fare un giro strano, e a metterci più tempo per raggiungere la fermata dove lo aspettiamo Ninfa ed io, in via Borgogna. In giro: nessuno. La signora ha un cane. Stretto, al guinzaglio. Di razza, sicuramente, e da caccia. Bianco con delle chiazze marroni. Milanese verace, come lei.

“Lo vede quel palazzo lì di fronte? È perché adesso lo hanno verniciato e sembra decente. Ma come architettura è poco più di una casa popolare. Lo hanno fatto dopo la guerra. Dopo che avevano bombardato la città…anche se non ce ne era bisogno. E chi l’ha bombardata? Ma gli americani!! Quelli che insieme ai grattacieli ci hanno portato la Coca Cola, le droghe strane, il rock ‘n’ roll e la Pepsi. E adesso vogliono pure fare una base a Vicenza? Ma sono matti? Ma non si rendono conto che la guerra è finita da settant’anni? Io spero che i cittadini di Vicenza si oppongano e si ribellino!… ho sentito che avrebbero fatto dei carotaggi sotto alla ‘futura’ base: e se poi ci nascondono le armi sottoterra?”

Per essere tra i pochi in giro la domenica sera, si direbbe che la signora è bella vispa. “Vede lì? Quando ero piccola lì non c’erano quei grattacieli. C’era un ponte , e il naviglio che ci passava. Con l’acqua così pulita che le donne ci facevano il bucato e tu la potevi bere. Milano era un città d’acqua. Sì, una città d’acqua. Non ci crede? Piccola, sviluppata intorno a un centro. Con le vie strette che d’estate non ci entrava il sole e rimanevano fresche. E adesso com’è d’estate? Si sprofonda in un asfalto che è nutella! Un caldo…”
Difficile immaginarsi “le vie strette” nel centro del centro ambrosiano. Finché su quel viale tutto asfalto e cemento, che un tempo era via stretta con palazzi in mattone, su quel viale si affaccia l’autobus che dobbiamo prendere Ninfa ed io. Una scatola arancione. Con in testa il numero. Luminoso, arancione pure quello. Segna la rotta verso casa. La signora saluta. E scompare con il suo animale, meneghino doc, in una ex via stretta della città. O forse sulla tomba di asfalto di un antico naviglio.

Nessun commento: