venerdì 21 novembre 2008

Beh, però si potrebbe ...

Anf anf, pant pant: uno quando cammina si gode il paesaggio. I rumori del bosco. Il profumo della natura. Va bene scattare qualche foto quando ci si ferma, ma di solito il commento si limita a "Che posto stupendo" o "Che montagna meravigliosa". Specie se si sta camminando sopra Cortina d'Ampezzo, le Dolomiti intorno, un po' di neve scrocchiante sotto i piedi.E invece, domenica scorsa, l'amico S., che una ne pensa a cento ne fa, inquadra nell'obiettivo della Reflex la parete striata e mozzafiato di un monte del parco di Fanes.
ed esclama: "Ecco, quello che manca, ora, è una macchina fotografica con il Gps incorporato, che mentre inquadri il tuo soggetto ti dice cosa stai fotografando. E magari dopo salva anche coordinate e tag. Così quando uno cataloga poi le foto riesce a ricordarsi dove è stato".
Beata tecnologia. "Ma probabilmente l'hanno già inventata. Me l'aspetto sul mercato da un momento all'altro". 

E mentre lui ha il cervello rivolto all'immediato futuro, io ce l'ho catapultato nel recente passato, a quegli  'striaci che proprio in quella valle che va su verso la Ra Stua e poi via ancora verso il rifugio Senes e il Fodara Vedla, hanno scavato, pattugliato ... e preso a mitragliate un sacco di italiani. Oltre a morire per il freddo bestiale e le valanghe dell'inverno '16-'17. A loro il Gps gli avrebbe fatto il solletico.

lunedì 10 novembre 2008

Due giorni di ordinaria follia/2

Beh insomma, cosa è successo il giorno dell'esame lo sapete già tutti. Sennò riguardatevi gli ultimi due post per averne un'idea.
Ora vorrete sapere cosa ne è stato del mio? Beh, se non mi segano, potrò dire che ce l'ho fatta grazie a una confezione di "Grancereale croccante" e di una di Pocket coffee, che mi hanno sorretto per ben dodici ore di delirio.
Non mi si è impallato il pc. Non avevo la penna Usb difettosa. Per precauzione ho "solo" copiato tutto a mano. Tra copia e coda alle stampanti, sono uscita alle 21. Stremata. Incazzata. E con un mal di testa gigante.

Più divertente il momento della cena: sotto il tendone di una pizzeria di Campo de' Fiori, con la bora di Halloween che sferzava il viso e mi procurava dei piacevolissimi crampi allo stomaco. Oppure è stato il chilo di "bucatini cacio e pepe" che mi si sono parati davanti? 
Mi ha salvato il mago Guarda. Proprio lui. Una star che ti ipnotizza con la sua bravura :-)

mercoledì 5 novembre 2008

Due giorni di ordinaria follia/1


Dovevo solo presentarmi all’Ergife Palace hotel, venerdì 31, alle nove del mattino. Sembrava quasi semplice. Ma, come disse qualcuno, l’imponderabile è sempre in agguato.

Cronaca di due giorni vissuti in un’altra dimensione.

GIOVEDI’ 30

Arrivo all’aeroporto di Roma Ciampino, ore 8.50 del mattino. In perfetto orario, pure in anticipo di 5 minuti. Davanti a me, una giornata di attesa. I miei target: mantenere energie e tranquillità. Leggere bene e con calma i giornali. Portare il pc alla sede dell’Ordine (che non è la sede dell’esame), per l’ultimo controllo di alimentatore e compatibilità del sistema operativo che sarà fornito il giorno della prova con il computer che userò.

Nell’attesa, raggiungo il mio amico Charles. Anche lui esaminando. Sta a casa di suo cuggggino, zona viale Libia. Uguale: zona nord-est di Roma. Io sto a Ciampino. Uguale: zona sud-est di Roma.
E così: vai di navetta, fino al capolinea della metro rossa. Poi, Anagnina-Termini, solo andata. Riemergo per prendere un bus. E mi trovo nella corrente informe del corteo dello sciopero generale. “Dalle Alpi agli Appennini tutti contro la Gelmini”, leggo su uno striscione. Mentre il bus, dopo pochi metri, si impianta di fronte a un semaforo che continua nel suo ciclo di verde-giallo-rosso. Ma noi rimaniamo lì. Fermi. Dovremmo girare a sinistra, ma c’è il corteo di mezzo. Due vigili urbani osservano paciosi la scena, senza interrompere il flusso di baldi giovani fischiettanti e urlanti. Basterebbe un minuto. Il tempo di fare una curva, e il bus si toglierebbe dalle scatole. Invece rimane lì, isola nella corrente. Sfila un’immagine di Santa Mariastella, con tanto di aureola in testa. “Beata ignoranza”, recita la didascalia. Fa caldo. Dalle sfese dei finestrini gli studenti di biotecnologie infilano nel bus volantini che schematizzano i tagli alla ricerca. La Gelmini ha colpito solo le scuole, con la legge appena approvata. Ma non ha mica tempo da perdere. Il capitolo università è già pronto per essere affrontato: tre quarti del lavoro, in fondo, li ha già fatti il collega Giulio con la finanziaria approvata in estate, nel silenzio vacanziero di tutti gli italiani. “L’Italia è un Paese bagnato da tre mari e prosciugato da Tremonti”, d’altra parte.
Finalmente il bus riprende la corsa. Raggiungo la maison di Charles. Si legge, si chiacchiera, si fa il punto. Si consulta il sito dell’Atac per raggiungere il Lungotevere de’ Cenci, sede del nostro beneamato Ordine. Con tutta l’ingenuità del mondo, usciamo. Altro bus, direzione Barberini. Dovremmo cambiare e prendere un altro mezzo. Sono le 14 e trenta. E tutto è ovviamente bloccato dai primi manifestanti che stanno rifluendo verso casa. Il mezzanino è aperto, ma inagibile. Troppa calca. Le due stazioni successive, Spagna e Repubblica, sono ancora chiuse dalle 10 del mattino. Tornare indietro, impensabile. Bisognerebbe rifare via Veneto al contrario. E cioè in salita, con un computer portatile a testa. E il mio trolley al piombo al seguito. One way, pedibus calcantis: si va verso l’Ordine a piedi. Con rotelle al seguito. Contromano rispetto al corteo che sta sgombrando piazza del Popolo. La valigia salta sui sampietrini. La cinghia del portatile mi sega muscoli e nervi della spalla. Dobbiamo ancora pranzare. Ma non è consentito ripensarci. Avanti Savoia, fino alla morte.
Piazza di Spagna è inondata di gente. Il resto è fatica: suole delle scarpe consumate. Sole in faccia. Caldo. Sudore. Puzza. Finché il Lungotevere si materializza di fronte a noi. Civico numero 8. “L’Ordine sarà aperto dalle 15 alle 18 per le verifiche di compatibilità”. Amen. La targa all’entrata dice: “Ordine dei giornalisti, primo piano”. Davanti a noi, due ascensori. Prendiamo il primo. Ci scaraventa al terzo. “Ma come?”, chiediamo sfiniti alla signora che si para davanti ai nostri occhi. “No, è che questo ascensore non ferma al primo piano. Dovete fare il giro”. “Grazie”. Percorriamo un corridoio lungo, scialbo. Illuminato al neon. Le rotelle del trolley riecheggiano il rumore del triciclo del bimbo di Shining mentre perlustra da solo l’Overlook hotel. Le targhe delle porte dicono: Comune di Roma, ufficio patrimonio e immobili. L’ascensore ci risputa al pianterreno. Ritorniamo all’entrata giusta. Facciamo le scale a piedi. “No, guardate, si sbagliano tutti: è che il piano dell’Ordine non è servito dall’ascensore”. Mannaggia la pupazza (tanto per non essere volgari). La saletta adibita a controllo sta sviluppando un pericoloso effetto stalla. Il soffitto è basso. Gli alimentatori dei pc riscaldano ancora di più l’aria. Fortuna che c’è poca coda. Charles ha il portatile difettato. Gli assicurano che gliene forniranno un altro. Domani.
Riassumendo:
tempo totale di controllo: cinque minuti. Tempo per raggiungere l’Ordine: due ore. Sono le 16,30.

È ora di raggiungere l’hotel. Onesti come siamo, cerchiamo un biglietto per prendere il bus. L’edicola all’angolo non ne ha. Il tabacchino dietro l’angolo li ha appena finiti. Non ci sono altri rivenditori. Stiamo per tornare alla fermata: ognuno per la sua strada e ci vediamo domani. E invece no. Perché “goccia dopo goccia, a piover cominciò”. Ci mancava, in effetti, una spruzzatina d’acqua a rinfrescare la giornata e a insinuarsi nelle nostre ossa. Venti minuti. Giusto il tempo di infrascicarsi ben bene. L’ombrello non conta, tanto piove di traverso, con il vento che c’è.

Quando salgo sul bus, il sole sta già tramontando. Ho salutato Charles al volo. “Ci vediamo domani, caro. E riguardati, mi raccomando”.
Bus, metro, bus. Un’altra ora di viaggio. E arrivo al mio hotel, vicino all’Ergife. Chiamo la mia collega, appena arrivata nello stesso albergo. “Sì, vediamoci dopo per ripassare, che ora mi sto un attimo riprendendo dal vomitino che mi è venuto in treno”, mi fa. Benon.

Inizio a sospettare che ci sia qualche maledizione strana nell’aria. E penso: meglio che succedano tutte le cose fantozziane e più strane oggi, così domani andrà tutto bene.

È stato l’ultimo pensiero pseudo-razionale, prima di addormentarmi ripetendo come un mantra lo slogan di Obama: “Yes we can”.

E il venerdì mattina, giorno della prova scritta, un sole scintillante inondava di azzurro il cielo di Roma, riflettendosi nelle pozzanghere del giorno prima. L’aria era fresca, ma non fredda. Il vociare finto-rilassato dei candidati in coda all’entrata della sala Esperanza non faceva che presagire una noiosa e seccante sessione d’esame, da terminare nel più breve tempo possibile.

E invece …

sabato 1 novembre 2008

E io c'ero

Giornalisti, l'esame va storto,
maratona di 12 ore per i candidati

ROMA - Da trionfo della tecnologia a vero e proprio incubo. La 96° sessione degli esami professionali da giornalista i 522 partecipanti la ricorderanno a lungo. Una maratona lunga più di 12 ore che a messo a dura prova i nervi di esaminandi e commissione esaminatrice. Tutta colpa di una partita di pen drive difettose che ha mandato in panne il sistema elaborato dall'Ordine nazionale per lo svolgimento della prova. Il sistema. Eppure le premesse erano delle migliori. Per la seconda volta (dopo la sessione del 26 settembre) l'esame scritto per l'accesso alla professione (che si tiene all'hotel Ergife di Roma), si svolgeva con normali pc. Dopo la svolta che ha mandato in pensione le macchina per scrivere, utilizzate fino ad aprile. Il nuovo sistema elaborato dall'Ordine, infatti, consente a ciascun partecipante di utilizzare il proprio computer. Grazie a un programma (su un cd fornito al momento dell'esame), che azzera la memoria del pc e permette solo di scrivere, salvando su una penna usb, che ciascun candidato riceve insieme al cd. In pratica un elementare programma di videoscrittura che esclude qualsiasi aiuto per l'esaminando. Un sistema testato nella sessione precedente (la 95° con 197 partecipanti) e durante il corso di Fiuggi (di preparazione all'esame) senza alcun problema. Problemi tecnici. Qualcosa però ieri è andato storto. Gli oltre 500 candidati hanno iniziato la loro prova alle 12.40, dopo le normali procedure di riconoscimento e selezione delle tracce, rese un po' più lunghe (la convocazione era fissata alle 9) dalle operazioni di configurazione dei pc (con diverse macchine sostituite dai tecnici presenti). Da quel momento, con tutti i partecipanti nelle condizioni di poter iniziare sono scattate le sei ore. Termine massimo alle 18.40. Al momento della consegna sono iniziati i problemi. Quando i primi candidati hanno terminato le loro prove e hanno portato le penne usb al banco della commissione per la stampa hanno fatto un'amara scoperta. La memoria portatile in diversi casi era vuota. Nessuna traccia dell'elaborato. Lavoro perso e tutto da rifare, visto che sul computer non era possibile recuperare nulla. Con i numerosi tecnici in sala impotenti.


Panico in sala. La paura si è diffusa rapidamente. E a nulla sono valse le rassicurazioni dei commissari. Il rischio di perdere tutto il proprio lavoro ha avuto la meglio. Impossibile prevedere quante e quali fossero le penne usb difettose. Qualcuno ha alzato la voce, altri hanno lamentato piccoli malori. I più non sapevano cosa fare. E a quel punto la prova che doveva sancire un definitivo sorpasso tecnologico, si è risolta con il trionfo della cara vecchia penna. Come consigliato dalla commissione la maggior parte dei candidati ha dovuto ricopiare il proprio elaborato a mano. L'unica modalità possibile per salvare il proprio lavoro se al momento della stampa qualcosa fosse andato storto. Maratona di 12 ore. Operazioni che hanno prolungato non poco la durata complessiva della prova. Almeno la metà dei candidati, che non si rassegnavano a copiare a mano il proprio lavoro, si sono messi pazientemente in fila con il plotoncino di tecnici che scattava da un computer all'altro per tentare una procedura d'emergenza (non sempre efficace). Agli altri è toccato dopo quasi dieci ore di permanenza in sala, armarsi di tanta pazienza e ricopiare il proprio lavoro. Prima di conoscere il verdetto della stampante. Qualcuno alla fine ha dovuto consegnare il lavoro scritto a mano, alla maggior parte la stampa è andata bene. Per tutti il carico di tensione aggiuntiva è stato notevole. Quando l'ultimo candidato ha consegnato la prova erano ampiamente trascorse più di 12 ore dal momento del suo arrivo all'Ergife. Le scuse dell'Ordine. Le facce di quanti uscivano alle dieci di sera, con parenti in attesa o treni saltati, la dicevano lunga sull'umore complessivo. Per tutti le rassicurazioni e la massima comprensione della commissione per le condizioni di lavoro "surreali". Si saranno consolati oggi, forse, con la mail di scuse recapitata a tutti dal segretario dell'ordine Enzo Iacopino. Il primo deluso per una giornata "che avrebbe voluto diversa". Su questo sicuramente gli oltre 500 aspiranti giornalisti non possono che essere d'accordo con lui.

da repubblica.it